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Sine - TOP 5 Beats

Sine

 

Siamo giunti alla puntata numero 56 della rubrica TOP 5 Beats. Con noi oggi c'è Sine One, beatmaker con base a Roma, che ha sfornato beats per rapper di mezza Italia: dopo aver prodotto i maggiori artisti della scena italiana e calcato i palchi di tutta Italia con i suoi dj set, si è affermato definitivamente nel 2011 con la produzione dell’album “Guilty” di Noyz Narcos (Propaganda/Universal).

Nel 2012 è stato scelto per una partnership con Reebok e Vice Magazine, collaborazione che ha portato alla pubblicazione del suo primo singolo da solista, “Like This”.

Contemporaneamente ha lavorato alla produzione del nuovo disco di Coez, ”Senza Mani” in uscita ad Ottobre 2012 per Carosello Records. I prossimi mesi lo vedranno impegnato nella produzione di diversi singoli per i più importanti esponenti della scena hip hop italiana, oltre l’uscita del suo primo Ep ufficiale prevista per l’autunno 2012.

 

Come penso abbiano già detto tutti prima di me, fare una selezione di soli 5 beats tra tutti quelli che mi hanno mandato in fissa in 15 anni è veramente difficile.

Nonostante questo, pensandoci bene, qualcosa che ha lasciato il segno in modo più profondo effettivamente c'è,sopratutto tornando parecchio indietro nel tempo.

P.S. Non fornirò link ai sample dei pezzi in questione, sia perchè non è il vero argomento della discussione, sia perchè sul web si trova tutto con pochi click, per chi è interessato un minimo di ricerca non può che essere uno stimolo positivo..

 

1. Snoop Dogg “Murder was the case”

Probabilmente il primo pezzo di hiphop americano che abbia mai ascoltato, o per lo meno uno dei primi che mi abbia particolarmente colpito.

Pensandoci più tardi, mi ha sempre spiazzato come Dre abbia pensato di inserire in un disco come “Doggystyle” un pezzo così cupo con tematiche così pesanti.

Visti i risultati, probabilmente proprio nel contrasto si trova la genialità.

Tre elementi fondamentali: il loop di Santana pitchato di qualche ottava in basso per adattarlo al Bpm desiderato, un break di batteria rubato a James Brown, e un suono difficile da decifrare per il mio orecchio inesperto, ma che tanto ricordava le scene di fantasmi di vecchi film o di qualche cartone animato, e per questo anche in parte familiare.

Avrei poi scoperto che era il classico suono “Moog”, che risentiremo negli anni a seguire in molte hits della Death Row e più in generale in gran parte della produzione West Coast dei '90 (e non solo).

 

 

2. Group Home “Livin' proof”

Uno dei pezzi che mi ha fatto innamorare del rap anche dal punto di vista “musicale”.

Ricordo di aver registrato il video su “Yo!”, la vecchia trasmissione sull'hiphop di Mtv, quando andavo in seconda o terza media.

Lo guardavo di continuo, non riuscivo a capire cosa mi tenesse inchiodato là davanti, non ci capivo ancora molto.

Analizzandolo oggi, risento il loop creato dalle tre note di rhodes che, seppur minimale, crea atmosfera e profondità, un basso profondo e filtrato che fornisce la giusta botta lì in basso e la batteria perfettamente sequenziata, con una scelta dei suoni tanto perfetta da sembrare un unico break.

Poi la ciliegina sulla torta, le frasi scratchate sul ritornello, sequenziate in modo da comporre una vera e propria barra di rap, quello che diventerà poi il trademark di Premier imitato da mezzo mondo negli anni a venire.

 

 

3. Mobb Deep “Shook ones”

Per me all'epoca, questo era l'hip hop.

Non solo il beat, ma anche il pezzo, il video, le rime..

La strumentale di Havoc racchiude tutto quello che volevamo sentire all'epoca: un loop minimale,cupo,marcio, rimasto senza nome per quasi 15 anni, che gira sopra un break funk di batteria minimale ma allo stesso tempo perfetto nella sua semplicità.

Come per il pezzo dei Group Home, pochi elementi “semplici” che combinati insieme ottengono un risultato perfetto.

 

 

4. GangStarr “Full Clip”

Fast Forward sul player, arriviamo alle porte del 2000, ma i protagonisti per me in gran parte non cambiano.

Ovviamente sempre Premier sul beat, anche se questa volta con il compagno di sempre, Guru, una delle coppie che ho più amato in questo genere, dal primo all' ultimo disco, fino alla fine tragica del gruppo.

Questa fase “moderna” di Primo è sicuramente uno degli stili di produzione che mi ha influenzato di più, in quanto ha corrisposto come periodo agli anni in cui mi avvicinavo alla produzione io stesso, cercando di scopiazzare dai miei idoli di oltreoceano le tecniche e i trick per cercare di ricreare i suoni che avevo nella testa.

Questo beat è uno dei picchi artistici di quello stile minimale ma solido di Premier che lo ha trasportato dall'old school alla “modernità”, portandolo tra la fine dei 90 e i primi 2000 a produrre una quantità sconsiderata di singoli e album per artisti di ogni tipo, dall'underground al mainstream.

Sulla musica in sé c'è quasi poco da scrivere: la solita batteria rocciosa che rischiava di spezzarti il collo mentre guidavi, un loop di chitarra jazz decostruito e riassemblato come un Lego, con la semplicità di un gioco per bambini, e gli ormai inossidabili scratch che compongono uno dei più grandi tormentoni dell' underground americano dei fine 90.

Bonus Point: la dedica iniziale a Big L, che ogni Dj dell'epoca che i rispetti si è divertito a consumare sulla sua copia del singolo in vinile.

 

 

5. Prodigy “Keep it thoro”

Chiudo con un pezzo relativamente moderno, ad opera di uno dei miei producer preferiti di epoca recente, Alchemist.

Questo pezzo,come l'intero di disco di Prodigy, escono in un periodo in cui sono ormai completamente infognato con i beats, i sample e il digging, quindi appena parte il loop martellante del piano è amore a primo ascolto.

Che diventa matrimonio per la vita appena arriva la chiusura delle prime 8 barre con quegli horns epici, che ti stampano sulla faccia la classica smorfia “grimey” e ti fanno venire voglia di scendere per strada e prendere a calci il primo che passa.

Mi sembra la descrizione più calzante che se ne possa fare..

 

 

Link:

www.facebook.com/SineOnebeats

twitter.com/The1Sine

soundcloud.com/sineoneofficial

 

 

Author: Lorenzo