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  • Categoria: Eyes On The Game
  • Scritto da Matteo Da Fermo

Mecna: nel segno di Leopardi

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Già me la immagino la vostra faccia dubbiosa davanti lo strambo e azzardato titolo di questo articolo: era proprio questo il mio intento, incuriosirvi e attirarvi alla lettura. Tuttavia, se mi darete una chance cercherò di spiegarvi il mio punto di vista – forse forzato – su come e perché il rapper foggiano e il pessimista più famoso del mondo abbiano qualcosa in comune.

Voglio partire proprio da ciò, dal pessimismo. Praticamente chiunque, nel sentire nominare Leopardi ha come un sussulto che lo porta a ricordare i tempi della scuola, luogo nel quale il poeta veniva sempre e comunque etichettato come pessimista: nulla di più sbagliato.

Questo "bollino" infatti è frutto dell’esigenza, del mondo scolastico, di dover dare un nome a tutto, di rendere i contenuti nozionistici fino all'esasperazione, per facilitarne l’insegnamento e perché a causa della lunghezza dei programmi non c’è tempo per soffermarsi su qualcosa seriamente, benché meno per emozionarsi. Il discorso, ovviamente, è più lungo e ai pochi interessati voglio consigliare un libro a riguardo.

Questa riflessione tuttavia è centrale per sviluppare il mio azzardato punto di vista. Nel corso degli anni in qualche articolo sono comparsi paragoni tra Mecna e Leopardi e proprio questi mi fecero riflettere: possiamo davvero considerare l’autore di “Lungomare Paranoia” un Leopardi moderno? Dopo averci pensato a lungo sono arrivato alla risposta: forse sì.

Non parlo ovviamente delle eventuali similitudini dei loro strumenti lirici – poesia e rap – ma dell’attitudine, del mood, delle tematiche delle loro produzioni scritte. La lampadina mi è scattata quando ho visto un’interivista a Mecna nella quale affermava di non essere una persona triste, ma semplicemente sente il bisogno di scrivere quando è di un certo umore.



Questa risposta oltre a Luigi Tenco (citato nell'intervista), mi ha fatto pensare a Giacomo Leopardi e nello specifico ad alcune scene del film Il giovane favoloso, il più famoso riguardante la sua vita. 

In quest’opera infatti, come anche nei suoi scritti (in modo meno diretto ovviamente) è palese la falsità della semplicistica etichetta di “pessimista”, che quasi tutti i letterati dell’epoca, e non, gli assegnavano. In questa scena, tratta dal succitato film, questa dinamica è evidente : 



Un altro punto in comune tra i due è legato sempre alla parola “etichetta”, questa volta però riguardo la forma e non il contenuto. Più volte si è cercato, specialmente per gli ultimi due album, di dare un nome al genere che Mecna stava facendo: c’è chi lo ha definito rap, chi trap, chi pop.

Sono quesiti interessanti, per carità, ma davvero abbiamo bisogno di conoscere la risposta? E soprattutto siamo davvero convinti che una risposta ci sia? Io no. Mecna non avrà le metriche che gli amanti del rap tecnico desiderano, ma fa emozionare come pochi.

Pensiamo al suo brano “Nonostante sia”: credo sia semplicemente perfetto: fa riflettere sull’ importanza dell’amore, prima esaltandolo e poi rendendolo minuscolo di fronte ad un suicidio, per poi conferirgli una nuova e diversa importanza grazie ad un’abilità lirica incredibile; sinceramente il sapere che genere stia facendo credo possa passare in secondo piano.



E questo cosa c'entra con Leopardi? Nel film che ho citato prima c’è un’altra scena cruciale, nella quale viene interpretato un commento storico che fu fatto allo stile e alle opere del poeta di Recanati, da parte dello scrittore ottocentesco Niccolò Tommaseo il quale disse, riferendosi a Giacomo: "Nel 900 non ne resterà neanche la gobba". Lo scrittore infatti riteneva la forma delle opere di Leopardi inusuale e troppo diversa da quella degli altri poeti dell’epoca. Anche in questo caso quindi, la forma e come essa veniva percepita dalla massa, quasi sorpassava i contenuti.

Se vogliamo poi pensare a qualche altro spunto di riflessione non si può non citare il rapporto che ha Mecna con i social network e anche con tutta la scena rap: poco più che essenziale. Allo stesso modo il poeta che scrisse “La ginestra” faceva parlare solo le sue opere, evitando quasi tutte le situazioni il cui unico obiettivo era l’apparire; pur non essendoci in quel periodo Facebook e Instagram, se pensiamo a un personaggio come Gabriele D’Annunzio possiamo cogliere il punto del discorso. I social sono un mezzo, ma il suo utilizzo lascia trasparire la propria personalità.

Se siete arrivati fin qui forse lo avrete capito o forse no, ma in ogni caso ci tengo a precisarlo: nelle mie righe non ho voluto dire che Mecna sia un poeta, come alcuni lo apostrofano: il rap non è poesia, il rap è rap. Questo non vuol dire però che sia un genere non meritevole di rispetto, a mio avviso infatti potrebbe essere considerato una branca della letteratura come tante altre (prosa, racconti, poesia…), con una solidità ed un'autonomia propria.

Io ho cercato di fare un paragone tra il rapper foggiano e Giacomo Leopardi per fare una riflessione, forse esagerata, ma secondo me significativa riguardo il mondo dei pregiudizi verso tutto ciò che sembra pessimista ma è semplicemente profondo.

Ma allo stesso tempo non vedo nulla di male nell’inserire qualche brano rap in un libro di letteratura, d’altronde nelle liriche di questo genere non mancano figure retoriche e potrebbe essere un modo per avvicinare i giovani, per vie traverse, al mondo della poesia, oggi studiato per inerzia.

Personalmente credo in questa missione, altrimenti non avrei scritto questo papiro, tenendo bene a mente anche che quando un certo De Andrè era in vita, in ben pochi avrebbero scommesso sulla presenza futura dei suoi brani nei libri scolastici o nelle tesi di laurea, pratica ormai diffusissima al giorno d’oggi. A dirla tutta in realtà, non era nemmeno così tanto amato, erano molti i suoi “haters”.

Concludendo, la strada per far uscire questo genere dalle sabbie mobili dei pregiudizi in cui nuota da anni – per mille motivi –  è ancora lunga, ma ogni passo in avanti è un passo in più verso il traguardo. La buona notizia è che per quanto sia scomodo pensarlo, dipende tutto – o quasi – da noi e che per fortuna, per riallacciarmi al topic dell’articolo, esistono ancora artisti che credono che la profondità dei contenuti possa andare ancora "di moda".

 

Matteo Da Fermo
Author: Matteo Da Fermo
"Quando ancora c'era qualcosa che avesse un senso non pensavamo ad entrarti da dietro noi pensavamo ad entrarti dentro" (Bassi Maestro).