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  • Categoria: Back In The Dayz
  • Scritto da Klaus Bundy

Dalla fine dell'epidemia del crack alla morte di Tupac e Biggie

NotoriousBIG_2Pac

L’epidemia del crack fu sconfitta grazie a mirati interventi da parte della politica americana, la quale – a fronte del crescente numero di morti e dello spaccio fuori controllo – si vide costretta ad affrontare il problema di petto. Fu così che, attraverso l’impiego massiccio delle forze dell’ordine e soprattutto lo sviluppo di programmi alternativi per gli adolescenti del ghetto, il crack cominciò a sparire dalle strade, mentre il mondo si apprestava ad entrare nei rivoluzionari anni ’90.

L’eredità lasciata da quasi due decenni di lotte continue e sanguinose aveva delineato una nuova energia ispiratrice nella condotta degli afroamericani, i quali partirono dalla drammatica (ma lucrativa) esperienza dello spaccio di droga su larga scala per imporsi in altri campi altrettanto redditizi, come ad esempio la musica.

Già a partire dagli anni ’60 e ’70, uomini di colore come Berry Gordy (Motown) e Dick Griffey (SOLAR) erano riusciti ad imporsi sul mercato discografico come fondatori e proprietari di etichette di straordinario successo*, mentre – per quanto riguarda l’hip-hop – il primo impero fu costituito da Russell Simmons ed il caucasico Rick Rubin, sotto il nome Def Jam Recordings.

Alla fine del millennio, tuttavia, ci si rese conto che i tempi erano maturi per portare la cultura del ghetto sulle prime pagine delle riviste del settore, in cima alle classifiche di tutto il mondo e dovunque vi fosse la possibilità d’intrattenere un pubblico.

Fu così che, con il benestare dei colossi della finanza bianca (alla quale, in fin dei conti, importava principalmente il profitto) vennero alla luce realtà come la Daeth Row Records di Suge Knight e la Bad Boy Entertainment di Puff Daddy, che – più di chiunque altro – dettarono i tempi della nuova era culturale suburbana, portandola agli onori della cronaca di ogni colore ed influenzando lo stile di vita di milioni di giovani sognatori, anche al di fuori della comunità nera.

Il politically correct perpetrato dai pezzi di forte influenza disco come “Rapper’s Delight”, “The Message” e “The Breaks”, ormai, non trovava più spazio nella rinnovata mentalità degli afroamericani: era tempo di mettere le mani sui grossi capitali, e mostrare a tutti i giovani senza speranza delle periferie che un’alternativa alla frustrante vita del criminale affamato era possibile. La nuova generazione di artisti rap, dunque, diede fuoco alle luccicanti tute degli anni della disco, s’infilò una pistola carica nei pantaloni ed aggredì il sistema bianco della comunicazione di massa, cominciando ad apparire nelle rotazioni di MTV e nelle programmazioni radiofoniche d’ogni angolo d’America.

Gli N.W.A, che avevano terrorizzato gli States a cavallo tra i due decenni, furono effettivamente i primi a sfidare le potenti caste segregazioniste che governavano il flusso d’informazioni accessibili all’audience medio del paese: con pochissime risorse, privati di sostegno economico e propagandistico, il gruppo di Eazy-E si era imposto grazie al passaparola della gente comune, bypassando i grandi gruppi ed ottenendo comunque uno straordinario successo.

Negli anni ’90, tuttavia, l’esposizione mediatica non era più un problema: nonostante si rendessero conto di cosa significasse sponsorizzare un certo tipo di musica in termini di reputazione, i titani dell’industria – come la Time Warner, la Sony e la Interscope – abbracciarono lo sfrontato mondo hip-hop, permettendo a milioni di persone in tutto il mondo di aver facile accesso alla musica dei vari Tupac, The Notorious B.I.G., Dr. Dre, Snoop Dogg e tanti altri.

Il fatto di essere entrati nell’élite del business, comunque, non appiattì la vena irriverente degli artisti rap, tutt’altro: l’ostentazione di violenza e ricchezza toccò vette mai esplorate prima di allora, tanto che alcuni movimenti conservatori (come quello capitanato da C. Delores Tucker) fecero pressione sui politici affinché attuassero delle misure censorie a riguardo.

Verso la metà degli anni ’90, l’influenza che il rap stava esercitando sulla gente di ogni angolo degli Stati Uniti era al suo massimo storico, e l’oceano di soldi che ingrossava le tasche di artisti e promotori neri lasciava intendere un netto e quasi pauroso consolidamento del potere: fu la primavera della cultura hip-hop, sia per popolarità che per qualità delle pubblicazioni discografiche; la rabbia per tutti i secoli di repressione razziale si era sublimata nel controverso concetto di “denaro e pistole”, ma la morte improvvisa e ravvicinata di Tupac e Biggie sgombrò ogni certezza, costringendo l’intera comunità (e la stessa America) a fermarsi un attimo per riflettere…

*La prima etichetta in assoluto ad essere fondata e gestita da un afroamericano fu la Black Swan Phonograph Company di Harry Pace, nel 1921; tuttavia, già nel marzo 1924 – in seguito al fallimento della label - la Paramount ne prese possesso.

 

Klaus Bundy
Author: Klaus Bundy
"I came to overcome before I'm gone, by showing and proving and letting knowledge be born" (Eric B. & Rakim).