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  • Categoria: Back In The Dayz
  • Scritto da Klaus Bundy

La storia del Black Panther Party (1° parte)

BlackPanterParty

Nel 1965, con Malcolm X ormai sepolto e Martin Luther King, Jr. stretto nella morsa dei suoi detrattori, la comunità afroamericana sembrava aver perso la speranza di affrontare il problema della segregazione razziale in termini “civili”.

Dopo la sua dipartita dalla Nation of Islam e l’illuminante viaggio in terra d’Africa, Malcolm X aveva avuto modo di rivalutare la sua visione del mondo: mentre i sermoni dei suoi anni al servizio di Elijah Muhammad erano incentrati sul separatismo e l’insofferenza verso ogni tipo di solidarietà bianca, gli ultimi due anni di vita del leader politico nero videro un’inversione di marcia, avvicinandolo paradossalmente alle visioni moderate del reverendo King, per il quale non aveva mai provato particolare simpatia proprio per i suoi metodi “pacifisti”.

L’estate del ’65 sarà ricordata come una delle più torride nella storia degli Stati Uniti d’America: la rivolta nera nel quartiere di Watts (Los Angeles) aveva spalancato le porte alla ribellione della comunità di colore, ormai esausta dei continui fallimenti delle proprie iniziative per abbattere le mura del razzismo; un razzismo, sia chiaro, non soltanto insito nella bigotta mentalità di quelli che avevano ancora nostalgia degli anni dello schiavismo, ma anche e soprattutto presente ai piani alti della politica di Washington, dove alcuni membri del Congresso stesso si dichiaravano apertamente sostenitori del terribile Ku Klux Klan.

Huey Percy Newton, al tempo dei disordini di Watts, aveva soltanto 23 anni. La sua famiglia era emigrata in California dalla Louisiana – dove Huey era nato, a Monroe – in seguito dalla seconda Grande Migrazione che, alla fine del secondo conflitto mondiale, aveva spinto milioni di famiglie nere ad abbandonare l’arido sud per trovare pace e lavoro sulla West Coast.

Come tutti i suoi coetanei, Newton soffriva dei problemi legati al colore della sua pelle: vivendo ad Oakland, poi, una delle città con il più alto tasso di criminalità del paese, aveva avuto modo di tastare con mano la degradante situazione della sua fazione, al punto da cercare di mettersi in gioco in prima persona per porre fine a quello scempio.

Dopo aver conseguito un diploma tecnico alla Oakland Technical High School, Newton si spostò al Merritt College, dove iniziò a seguire alcune riunioni studentesche che si occupavano della condizione dei neri in America. Come avrebbe dichiarato in seguito lo stesso Newton, il giovane si accorse ben presto che quei gruppi, seppur pieni di buoni propositi, non avevano speranza di fare breccia oltre le mura dell’ateneo; in particolare, i programmi proposti durante le riunioni si rivolgevano per lo più agli afroamericani colti, medio-borghesi, escludendo del tutto la partecipazione della maggior fetta della popolazione nera, cioè quella non istruita e nullatenente.

Deluso e quasi disgustato da questa esperienza, Newton iniziò a frequentare le moschee della Nation of Islam, ma vi rinunciò nel giro di poco tempo, in totale disaccordo con i principi religiosi della setta.

La soluzione, quindi, fu quasi obbligatoria: non trovando alcun partito in cui credere ciecamente, Newton ed un suo compagno del Merritt College, Bobby Seale, decisero di fondare il Black Panther Party for Self Defense, poi abbreviato semplicemente in Black Panther Party.

Il programma del BPP, stilato in dieci punti (ogni punto diviso in due sezioni, “cosa crediamo” e “cosa vogliamo”), si basava su un principio fondamentale: gli afroamericani avrebbero cercato di ottenere i propri diritti fondamentali in ogni modo. Anche con l’uso della forza, se necessario.

La prima sede del movimento aprì in Groove Street, ad Oakland, ed ogni nuovo membro sarebbe stato istruito in modo appropriato: nelle vesti di Ministro della Difesa, Newton insegnava ai nuovi adepti ad utilizzare le armi da fuoco, il comportamento da assumere ad ogni blocco stradale della polizia e le radici della lotta per l’emancipazione. Tra le letture imposte ai discepoli c’era il celebre “Libretto Rosso” di Mao Tse-tung, legato ad un aneddoto particolare quanto furbo: i testi venivano comprati dai negozi cinesi di Oakland al prezzo di trenta centesimi, per poi essere rivenduti ai seguaci del partito per un dollaro; con i settanta centesimi di guadagno sulla rivendita, Newton e Seale riuscirono ad acquistare un vero e proprio arsenale, composto da pistole di vario calibro e fucili d’assalto.

Nei primi giorni, era Newton in persona ad occuparsi materialmente di portare la giustizia ai i suoi “fratelli neri”, e le scorribande notturne del ragazzo divennero presto molto popolari e funzionali all’espansione della fama del BPP stesso: a bordo di una macchina, Newton ed alcuni amici giravano per le strade di Oakland armati fino ai denti, alla ricerca di una volante della polizia che stesse effettuando un qualche controllo di routine nei confronti di un inerme cittadino di colore. Questi “controlli”, in realtà, spesso e volentieri si traducevano in spietati soprusi da parte delle forze dell’ordine, ed era allora che Newton ed i suoi entravano in scena: con le armi in bella vista ed il libro del codice penale a portata di mano, l’agguerrito Newton affrontava i poliziotti a viso aperto, contestando i loro brutali metodi di perquisizione e spingendoli, il più delle volte, ad una vera e propria fuga.

Fu grazie all’incredibile determinazione di Newton e Seale che, nel giro di poco più di un anno, il Black Panther Party divenne la nuova voce degli afroamericani, forse la prima veramente dedita alla protesta plateale, dopo secoli di sommessa compostezza o ribellione disorganizzata; nuove sedi del partito furono aperte anche al di fuori della California ed il numero d’iscritti s’impennò, nonostante la precaria capacità gestionale non fu in grado, nella maggior parte dei casi, di tener davvero sotto controllo le attività di tutte le succursali.

 

Klaus Bundy
Author: Klaus Bundy
"I came to overcome before I'm gone, by showing and proving and letting knowledge be born" (Eric B. & Rakim).