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Paura: Il rapper e Slowfood, il nuovo album

Paura Slowfood

 

Intervista al rapper e graphic designer napoletano Paura che a breve uscirà con un nuovo disco chiamato Slowfood.

 

1. Partiamo dal titolo del tuo nuovo disco “Slowfood”: è un tributo a una delle tue tanti passioni che è la cucina? 

In parte si, ma nasce soprattutto da un mia convinzione ben precisa. Oggi la musica e l’industria musicale stanno diventando un grande fastfood.

Ascolto e vedo troppi prodotti musicali “usa e getta”. La mia musica invece la penso e la concepisco per farla sopravvivere nel tempo.

Ci metto molta ispirazione e questo richiede tempo, e poi cura maniacale per i dettagli. Magari su un pezzo ci ritorno a lavorare dopo due mesi, o riapro una session perché non mi piace una doppia.

Quando vai da Mac Donald il panino che mangi ha sempre lo stesso sapore. Quando vai in una trattoria che ti propone la tradizione culinaria del luogo succede l’esatto contrario.

La musica di tanti è come un fastfood con 100.000 posti a sedere e la fila all’ingresso.

La mia la vedo come un ristorantino sul porto dove ti propongono solo il pescato del giorno.

Probabilmente sono un rapper di nicchia, anche perché immagino sempre che il mio pubblico sia formato da persone mature, ma mi va bene così.

 

2. Sei un amante della musica e segui costantemente l’evoluzione di essa senza porti limiti durante l’ascolto e anche durante la pratica. Nelle ultime produzione ti sei spinto sempre di più verso l’universo della musica elettronica. Cosa dobbiamo aspettarci nel tuo ultimo disco?

Dovete aspettarvi qualcosa al passo con i tempi, ma forte di una storia che affonda le sue radici nella old school.

Mi piace partire dai samples, stravolgerli in modo originale, e poi lavorarci con i synth, sia analogici che digitali, o con gli strumentisti.

Questo per le produzioni fatte da me e dal mio socio Daniele Franzese, ovviamente.

Ad ogni modo il disco è molto vario, ci sono più produttori, ma ha un certo filo conduttore che rispecchia il mio gusto attuale.

Anche se è variegato, suona come un tutt’uno. Suona come un album che ha una identità precisa, non come una raccolta.

 

3. Anche per quanto riguarda le tue metriche, si nota una continua ricerca e un grande studio. Quali sono le caratteristiche di un flow che ti colpisce?

Amo la musicalità nelle parole. Penso al rap come ad uno strumento musicale. Alle volte ritmico, per la metrica, alle volte melodico, per il suono.

Quando suoni uno strumento devi applicarti, non si smette mai di imparare. Quindi cerco di evolvere il mio rap allo stesso modo.

 

4. Vuoi accennarci qualche argomento trattato in “Slowfood”?

Se vi rivelassi tutto, già da ora, che gusto ci sarebbe?

 

5. Ci sono molti rapper specializzati in freestyle che su disco non rendono e molti rapper autori di dischi eccellenti che invece latitano nelle battle. Credi che sia importante esprimersi in entrambi gli ambiti o sia meglio scegliere cosa fare e in che modo fare “propria” l’arte del rap?

Per me è sempre tutto soggettivo. Credo che ognuno trovi i propri metodi ed i propri equilibri.

Ci sono anche quelli bravi a fare entrambe le cose, per esempio. Io da anni non mi alleno più nel freestyle, ma non è stata una scelta, è stato più un passaggio naturale.

Quando ero più ragazzino avevo più tempo da dedicare alla musica, quindi trovavo anche quello per allenarmi nell’improvvisazione.

 

 

6. Ho sempre pensato che per quanto riguarda il rap italiano tu e i 13 Bastardi siate stati una delle manifestazioni di questa cultura più forti e impagabili. Che rapporti hai ora col resto dei Bastardi?

Direi buoni. Poi ovviamente, come in ogni gruppo di persone, ci sono quelli con cui hai maggiore affinità e quelli con cui ti ci trovi di meno.

Forse quando sono uscito dal gruppo, giacché ero uno dei più apprezzati del collettivo, qualcuno l’ha potuto interpretare come un atto di presunzione o di poco attaccamento al progetto.

In realtà non è assolutamente così. Sono tuttora fiero di esserci stato. Però avevo bisogno di sviluppare progetti più personali.

Ho cacciato due album dopo, Octoplus e quello con i miei soci Videomind. Entrambi hanno lasciato un segno, ed alcuni dicono anche abbastanza di rilievo. Quindi spero che Slowfood faccia altrettanto.

 

7. Danno ti ha citato in una sua intervista che riguardava Artificial Kid, il suo progetto ispirato al cyberpunk creato insieme a Dj Craim e Stabber. Sapevi che ha espresso la volontà e il desiderio di collaborare con te coinvolgendoti in questo progetto?

Si, lo so. Io ed il Danno siamo amici. Purtroppo ci vediamo poco, però ogni tanto ci scambiamo sms, spesso prendendoci in giro. Penso che sia uno dei rapper più simpatici che mi sia capitato di conoscere, però prima di tutto ho molta stima di lui, e credo lui ne abbia di me.

Prima o poi collaboreremo nuovamente. Magari facciamo quel famoso pezzo cyberpunk oppure Un mondo difficile Pt.2 …. Chissà!

 

8. Quando la Walt Disney ha fatto suo “Star Wars” cosa hai pensato?

Come prima cosa ho pensato “Mio Dio NOOOOO!!!!”. Poi però mi sono ricordato che la Pixar è Disney, che Disney ha pubblicato Tron (parlo dell’originale) ed ha fatto dei capolavori fuori dal tempo e dallo spazio. Perciò non voglio gridare allo scandalo prima di capire cosa faranno. Anche se sono abbastanza convinto che certe cose debbano restare immobili con la propria magia.

L’ultimo Indiana Jones è una mezza ciofeca, per esempio. Star Wars per me è la trilogia originale. Punto! Anche se poi mi troverò al cinema per qualsiasi cosa riguardi il suo universo, già lo so.

 

9. Torniamo alla musica. Per quanto riguarda il rap e non solo, chi apprezzi di più fra gli “sperimentatori”?

I miei rappers preferiti, in ordine sparso, sono Mf Doom, Method Man, Smoothe Da Hustler, Parrish Smith, Scaramanga, Breezly Brewin dei Juggaknots, Ill Bill, K-Solo …. forse è meglio se mi fermo, perché sono tanti.

I miei produttori preferiti invece sono Danger Mouse, Mark Ronson, Hudson Mohawke e Pharrell Williams.

 

10. Nell’era del web si da troppo peso al numero di visualizzazioni che, per carità, è importante, ma non più della qualità. E se anche io avessi fatto quest’intervista solo per dare soddisfazione al contatore?

Avresti dovuto farla ad un altro rapper. Io non sono proprio un artista mainstream.

Non dico che non mi caga nessuno, ma non sono uno da grandi numeri per popolarità sul web.

 

Intervista a cura di Franco Galato.

 

Author: Lorenzo