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  • Categoria: Recensioni
  • Scritto da Klaus Bundy

Elzhi - Lead Poison (recensione)

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Valutazione attuale: 5 / 5

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A 37 anni suonati, Elzhi può considerarsi già da tempo una leggenda del rap del Midwest, e certamente uno dei più profondi MC della sua generazione.

Dopo aver deliziato il pubblico d’ogni età, per anni, al servizio degli indimenticati Slum Village, il nostro ha intrapreso una carriera solista di tutto rispetto, sfornando un album e cinque mixtape dal sapore retrò e moderno allo stesso tempo, perfettamente sintetizzato nel magnifico “Elmatic” (2011), tributo al ben più celebrato “Illmatic” di Nas ed abbastanza sofisticato da non sembrare la rivisitazione di un classico di oltre vent’anni fa.

Lead Poison” arriva ad otto anni di distanza da “The Preface”, un disco che forse qualcuno avrebbe potuto considerare l’apice del potenziale artistico raggiungibile dal rapper di Detroit; eppure, in questa sede, ci ritroviamo a presentare un prodotto in grado di valicare i già nobili livelli imposti dal suo predecessore, tanto da chiedersi se quella che ascoltiamo alla radio quotidianamente possa considerarsi davvero musica rap.

Il disco, prodotto nel giro di due anni e mezzo, mostra l’autore in tutta la sua onestà: spogliato di ogni atteggiamento strafottente e spavaldo – tipico degli addetti ai lavori – Elzhi non nasconde la piaga della propria depressione, condizione psicofisica invalidante che l’ha accompagnato durante la stesura dei testi, comunicando ai suoi ascoltatori ogni suo sogno, paura e desiderio, senza alcun riguardo per l’idea che potrebbe passare di lui. E’ questo, in fin dei conti, che ogni appassionato cerca nelle canzoni del proprio idolo: la possibilità di potersi relazionare con le sue insicurezze, farle proprie e scacciare il sentimento di smarrimento che pervade ogni comune mortale.

L’errore commesso troppo spesso dai personaggi pubblici, specialmente da chi si occupa di musica, è quello di creare una distanza incancellabile con chi si affida ai loro brani per alleviare il proprio dolore esistenziale, ma questo non si può certamente dire per un soggetto come Elzhi, il quale invece fa della propria normalità il suo punto di forza più evidente, quasi si rendesse conto che la guarigione dell’anima passi proprio attraverso la rivendicazione del suo essere un uomo come tanti altri.

La musica, dal canto suo, non fa altro che dare enfasi al linguaggio esasperato del rapper, assumendo vita propria e parlando con incredibile forza espressiva: i beat non sono mai banali, minimalisti quando serve (“Hello!!!!!”, “The Healing Process”) e colorati a tinte fortissime nei momenti di maggior pathos dell’album (“Weedipedia”, “Friendzone”, “Cloud”), ricordando senza margine d’errore l’eredità lasciata dal mitico J Dilla, in un tripudio di sample soul anni ’60-’70 e batterie ben cadenzate.

Trovare difetti a questa nuova creatura di Elzhi è compito davvero arduo: nonostante ancora molti mesi ci separino dalla fine dell’anno, possiamo già affermare senza esitazione che “Lead Poisonsi candida a salire sul gradino più alto del podio nella corsa al miglior disco hip-hop del 2016, uno straordinario capolavoro di sensibilità artistica e soprattutto umana, lontano anni luce dalla meschina superficialità perpetrata da quegli pseudo-rapper che, oggigiorno, si credono Gesù nel Tempio per il solo merito di catturare l’orecchio di masse distratte.

 

Klaus Bundy
Author: Klaus Bundy
"I came to overcome before I'm gone, by showing and proving and letting knowledge be born" (Eric B. & Rakim).

Elzhi - Lead Poison (recensione) - 4.5 su 5 basato su 4 reviews