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  • Categoria: Eyes On The Game
  • Scritto da Gianluca

L'oro di Marianella

CoSang

Chi conosce Napoli sa perfettamente quanto sia una città meravigliosa, piena di vita, ma al tempo stesso complessa e nevrotica. Alla bellezza del Mare e del Vesuvio che si staglia imperioso su di esso si accompagna la desolazione più assoluta delle periferie della città partenopea, un mondo totalmente opposto a quello “sfarzoso” di alcune zone della città; la pizza, il sole, il mandolino trovano poco spazio tra i casermoni di Secondigliano, dove i bambini crescono in mezzo alla strada con indigestioni di partite di pallone e sognano di diventare i futuri Maradona, Insigne, e chi più ne ha più ne metta. 

Napoli crede fermamente in due cose, il calcio e la musica; il primo è il sogno per eccellenza di ogni bambino che nasce nella città partenopea, molte volte il mezzo per emergere da situazioni complesse. La musica invece è la rappresentazione più genuina dell’arte partenopea, l’elemento che unisce più di ogni altro le persone e crea un immaginario meraviglioso dove ci si può tranquillamente rifugiare. Se per quanto riguarda il calcio i ricordi principali sono legati alla mitologica figura di Diego Maradona, da un punto di vista musicale c’è una tale vastità che risulta difficile anche citare tutto: si parte dalla lirica di Enrico Caruso, passando al jazz italianizzato di Carosone, l’esplosione del Neapolitan Power di Pino Daniele e gli altri fino ad arrivare al filone neomelodico, quello che forse più di ogni altro racconta la vita di tutti i giorni delle periferie napoletane. 

Per quanto riguarda l’Hip Hop, da sempre nella città partenopea ci sono stati dei rilevanti contributi (13 Bastardi, Sangue Mostro, Clementino, La Famiglia, Fuossera) che hanno permesso si che anche questo genere relativamente più recente potesse avere un successo abbastanza importante. Eppure, per quanto importante sia stato il successo di questi artisti, da nessuna di queste componenti è mai arrivato un racconto efficace e preciso di quello che succedeva nelle periferie napoletane, vi erano esercizi di stile molto interessanti che però si distaccavano troppo dalla situazione difficile della città; tutto ciò almeno fino ai Co’Sang

All’inizio dei duemila si stava ormai esaurendo la narrazione positiva della politica di Bassolino e si stava facendo sempre più evidente quel mostro a tre teste chiamato “Camorra” (“’O Sistema”, se gli amici napoletani preferiscono) che da decenni ormai mangiava l’anima a zone come Secondigliano, Scampia e il resto della periferia. Sono gli anni di “Gomorra” (il libro), gli anni della scissione nei clan da cui scaturì una delle più sanguinose guerre di mafia che si sono mai viste. Ed è proprio in questo scenario desolato che due ragazzi provenienti da Marianella, uno dei quartieri della zona nord di Napoli, fanno esplodere in musica la rabbia per anni accumulata in quei luoghi. Luca Imprudente (Luchè) e Antonio Riccardi (Ntò), ragazzi cresciuti insieme e diventati fratelli in quell’inferno, si uniscono in quello che sarà il gruppo Hip Hop che ha creato una nuova strada nel rap napoletano: i Co’Sang. 

Chi more pe’mme”, uscito nel 2005 con qualche mese di anticipo rispetto a “Gomorra” di Roberto Saviano, diventa un vero e proprio inno per tutti i ragazzi di quelle zone, con un parallelismo molto interessante tra quelle zone e il Queens di New York, quartiere di provenienza di Nas e dei Mobb Deep. In questo disco si riscontrano suoni estremamente diversi da quelli a cui ci aveva abituato negli anni il rap napoletano: se prima l’eredità di Pino Daniele e dei Napoli Centrale si sentiva fortissima nel modo di immaginare il rap, adesso questo patrimonio viene leggermente lasciato da parte per far spazio a batterie pesanti, lancinanti loop di pianoforte e tematiche estremamente complesse. Il commovente video di “Ind’o rione”, il “meglio niente insieme che essere ricchi da soli” di “Fuje Tanno”, il ritornello storico di “Pe chi nun crere” (“Voglio girà 'o munn, ch'e pied o ch'e parol, vedè chi more pe' mme”), gli skit di “Buonanotte” (pt.1/2), ispirati ad un vero programma radiofonico locale dove i familiari dei detenuti hanno la possibilità di salutare i loro cari, ci ricordano che dietro le sbarre ci sono situazioni di disagio imbarazzante per uno Stato di diritto; questi elementi rendono “Chi more pe mme” un album storico per l’hinterland napoletano e per l’intera scena rap italiana, dove i due ragazzi del quartiere riescono a farsi conoscere sempre di più. 

Dal primo grandissimo album di esordio iniziano a esserci le prime grandi soddisfazioni e i primi riconoscimenti per i Co’Sang: le partecipazioni al “2 the Beat”, le interviste su Repubblica con Saviano, le ospitate in TV, le collaborazioni con personaggi come Inoki, Club Dogo, Marracash. Insomma c’è un grosso miglioramento per Ntò e Luchè; nel giro dei due anni infatti si passa dall’essere dei completi sconosciuti ad avere molti più occhi addosso, i Co’Sang ce l’hanno fatta e sono diventati un esempio per tutti i ragazzini cresciuti nelle loro condizioni “precarie”. 

Proprio questo cambio di vita sta alla base di “Vita Bona”, secondo album ufficiale del duo napoletano. Anzitutto, se nell’album precedente si sentiva fortissima l’influenza di Nas e di quel filone Hip Hop, in questo caso le sonorità presenti sul disco sono molto più vicine al rap francese. Inoltre, nel disco precedente sono presenti soltanto featuring provenienti dal mondo napoletano, in questo caso c’è il contributo importantissimo di Marracash e di IAM (rapper francese), proprio a significare come nel giro di qualche anno è cambiata l’influenza nel mondo hip hop del duo napoletano. I racconti del disco sono molto simili a quello precedente, al centro dell’attenzione c’è Napoli. Una Napoli più piovosa che serena, dove si contrappongono la "Riconoscenza”, pezzo in cui i due esprimono tutto il loro amore per la loro città, e l’amarezza di “Casa mia”, dove la durezza del pezzo serve un po’ a riconciliare il tutto con il mood dell’album. Importantissimo fu “Mumento d’onestà”, vera e propria risposta al “gomorrismo” che in quegli anni sembrava averla fatta da padrone. “Nui nun simmo contr’a nisciun’, simm a favor’ e’ l’emozione” è l’inno dei Co’Sang, in quello che sembrava una risposta fortissima a Roberto Saviano e ai suoi racconti. In realtà gli anni ci hanno fatto capire che in quel pezzo non c’era nulla di tutto ciò, bensì semplicemente una difesa della propria posizione e di quella della propria gente in un periodo in cui moltissime persone mangiavano grazie a “Gomorra”. 

“Vita Bona” rappresenta l’ultimo momento di unità (artistica e umana) tra Luca e Antonio: i due devono iniziare a prendere delle decisioni di estrema importanza, rimanere vincolati al mondo napoletano o provare a far sentire la propria voce anche fuori? Ntò sarebbe più propenso a rimanere legato al suo dialetto, ai suoni con cui i due si sono sempre confrontati nel corso degli anni. Per Luchè il discorso è abbastanza diverso: ha viaggiato tanto nel corso degli anni, tanto da avere la possibilità di spostare il suo domicilio a Londra aprendosi una pizzeria napoletana; per lui l’ideale sarebbe abbandonare momentaneamente l’utilizzo del dialetto nei loro pezzi, in modo da non limitare più l’espansione della musica. 

Se questi dissidi inizialmente sono molto leggeri, col tempo la situazione si fa sempre più pesante, fino ad arrivare al Febbraio del 2012. Mentre tutti sono in attesa dell’uscita del terzo album ufficiale, arriva la gelida notizia della scissione di Luchè e Ntò: nessuno si aspettava un epilogo del genere, soprattutto vista la storia che accomuna i due e la fratellanza che li legava da più di vent’anni. 

E ora, che si fa? Luchè firma quasi immediatamente con la nascente “Roccia Music” di Marracash, ma le sue scelte non vengono apprezzate dai vecchi fan: gli si addossa infatti la colpa della divisione dei Co’Sang, e questa cosa gli fa parecchio male (“anche se sanguinavo per le offese dei miei fan”, a distanza di anni Luchè fa capire chiaramente la sofferenza di quei momenti)e lo porta ad isolarsi nel mondo rap italiano (“Mai più un beat, mai più un feat, mai più guest ai loro show”). Ntò invece sembrava aver trovato nuova linfa da tale divisione, e infatti “Il coraggio impossibile” stupì tutti per i dati molto alti delle vendite, oltre alle collaborazioni con moltissimi esponenti della scena rap italiana (Noyz Narcos, Vacca, Guè Pequeno, Clementino, Rocco Hunt). 

Con gli anni la situazione si è praticamente ribaltata: Luchè appare sempre più in ascesa, il suo ultimo album “Malammore” ha avuto un successo clamoroso sotto qualsiasi punto di vista. Chiaramente non c’è più Ntò, ma grazie all’aiuto del producer D-Ross (oramai conosciutissimo in tutta Italia) e all’amico CoCo (tra l’altro suo socio nella pizzeria “Bravi Ragazzi” a Brixton, Londra Sud) Luchè è riuscito a ricostruirsi una propria credibilità ed è esploso negli indici di gradimento degli ascoltatori di rap italiano. Per quanto riguarda Ntò, dopo un periodo estremamente florido grazie all’uscita dell’album del 2013 e alla creazione di “Nuje vulimmo na speranza”, sigla della serie “Gomorra”, sta attraversando un periodo di leggero calo dopo il "flop" dell’attesissimo album “Col Sangue”, nonostante la sua etichetta (“Stirpe Nova”) stia andando molto bene. 

Alla luce di questi dodici anni di storia, cosa attende ora gli ex Co’Sang? Tira aria di tempesta, negli ultimi pezzi i due si sono lanciati reciproche frecciatine, dopo anni di quiete (non amicizia); chiaramente parlare di dissing sarebbe sbagliato oltre che fuori luogo, ma sembra abbastanza palese che il clima attorno ai due si sta facendo via via pesante. 

Personalmente non so quali sono i motivi che hanno portato alla divisione dello storico duo, ma credo di parlare a nome di moltissime persone quando dico che la mancanza di questi due mostri sacri del rap napoletano si sente tanto e, anche se chiaramente è impossibile chiedere un ritorno ai vecchi tempi, è passata troppa acqua sotto i ponti e ormai la carriera in singolo dei due è abbastanza lanciata, però piuttosto che lanciarsi frecciatine in alcuni pezzi, sarei estremamente felice di vedere un concerto dei due assieme, un evento per i nuovi e per i vecchi fan che faccia da collante tra quello che erano e quello che Ntò e Luchè sono diventati. Probabilmente questo scenario sarà impossibile da realizzare, ciò nonostante mi sento di ringraziarli per tutto quello che hanno fatto per Napoli, hanno portato in alto quartieri totalmente dimenticati come Marianella, Piscinola, Chiaiano, e la gente di quei posti gli sarà sempre grata per l’onestà con cui hanno sempre trattato delle tematiche a dir poco complesse

 

Gianluca
Author: Gianluca
"Money never made me, money never played me!" (M.O.P).