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  • Categoria: Eyes On The Game
  • Scritto da Matteo Da Fermo

Se è Guccini ad apprezzare il rap

guccini

Ho sempre apprezzato chi dice quello che pensa senza aver paura delle conseguenze. Può sembrare una frase fatta - e forse lo è - ma quello che voglio dire è che talvolta, nel mondo artistico e non, chi ha il coraggio di dire qualcosa di non convenzionale passa in un batter d’occhio dalla parte del torto, oltre che in cattiva luce.

Il nostro poi è un paese strano, nel quale forse questa dinamica è particolarmente evidente, basti pensare cosa accadde a un certo Galileo Galiei quando provò a dire che è la terra a girare intorno al sole.

Ma veniamo al dunque. Da quando il rap ha cominciato a prendere piede nel nostro paese, tra le varie critiche volte a sminuirlo (ad esempio chi lo definisce un non genere e chi afferma che non ha senso di esistere in Italia) è emersa un’interessante tematica, quella che paragona il rap al cantautorato.

Tutti coloro che conoscono il rap per sentito dire, inevitabilmente considereranno questo affiancamento esagerato, per non dire “eretico”. D’altronde non possiamo dire che i mezzi di comunicazione “classici”, e quindi accessibili alla maggior parte della popolazione, rendano onore all’estrema varietà di rapper nostrani, compresi quelli più vicini al cantautorato. Di conseguenza, nella testa dell’italiano medio un inciso del genere risulta assurdo, arrivando ad affiancare ad esempio De Andrè a Fedez.

Indubbiamente sentirsi considerati sempre e comunque “non musicisti” è stancante, specialmente quando musicisti lo si è. È il caso di Willie Peyote, rapper, musicista e perché no, cantautore. Lui stesso in un’intervista per “La casa del Rap” ha detto la sua sul rapporto tra cantautorato e rap. Nello specifico: 

“-Passiamo finalmente alla scrittura: mi è sembrato di notare che ci sia stato un tuo avvicinamento al cantautorato, pur continuando a rappare.
-Ma perché i rapper non sono cantautori?
-Ecco, in realtà era proprio lì che volevo arrivare
-Io mi sento un cantautore, anche le parti musicali a volte le compongo io, quindi perché non dovrei essere definito cantautore? A livello di testi, rispetto a quelli che vengono definiti cantautori, nei miei dischi come in quelli di molti altri rapper della mia “corrente” non ho nulla per cui sentirmi in difetto rispetto ai cantautori di oggi, se i cantautori sono Dente, Colapesce, Brunori, be’ Dutch scrive meglio, Ghemon scrive meglio e anche io ritengo di scrivere meglio di loro. Se il cantautore si giudica da come scrive, allora i rapper sono cantautori migliori dei cantautori stessi.



È proprio questo il punto. L’Italia è da sempre patria di cantautori e poeti e anche per un mero discorso probabilistico, se più persone si avvicinano al rap, come sta accadendo da un po’ di anni a questa parte, inevitabilmente qualcuno che tende al cantautorato o comunque ad una ricerca lirica degna di nota deve esserci. Gli artisti citati da Willie Peyote sono un esempio lampante, ma non sono i soli, basti citare MurubutuDargen D'Amico, Claver Gold e tanti altri.

Detto ciò, è inevitabile che un paragone con i grandi nomi della nostra storia cantautorale risulta comunque forzato, ma è bene dare a Cesare quello che è di Cesare. Se Calcutta fa milioni di visualizzazioni, riempie le piazze e viene considerato senza alcun remore un cantautore, a noi non sembra giusto che artisti con un background lirico e musicale più che notevole, appartenenti al mondo del rap, vengano etichettati come completamente distanti dalla sfera cantautoriale.

Uno che di cantautorato se ne intende, e non poco, Francesco Guccini, qualche mese fa in un’intervista per “il Fatto Quotidiano”, senza probabilmente sapere nulla del polverone da noi citato, ha elogiato il rap:

"-Che periodo sta attraversando oggi la canzone d’autore italiana?
-È un periodo di stanca. A parte alcune voci storiche come De Gregori, Vecchioni, Capossela o Bersani, la canzone d’autore non presenta molto. Apprezzo il rap, che in alcuni casi rappresenta il tentativo di dire cose importanti con la canzone, ma in maniera diversa."

È sintomo che forse qualcosa sta cambiando? A voi il giudizio.




 

Matteo Da Fermo
Author: Matteo Da Fermo
"Quando ancora c'era qualcosa che avesse un senso non pensavamo ad entrarti da dietro noi pensavamo ad entrarti dentro" (Bassi Maestro).